http://www.caritas-ticino.ch/Riviste/elenco%20riviste/riv_0104/12%20-%20Estate.htm
Fin da subito si percepisce lo spirito frizzante del gruppo. Veniamo da realtà differenti, abbiamo varie età, con alcuni nemmeno ci conosciamo. In aereo, lasciata la nostra bella Svizzera, sorvoliamo enormi distese di campi, chiazzate qua e là da cittadine e agglomerati urbani; passando sopra alla Francia giungiamo in Spagna. Grande fremito a Bilbao in attesa degli zaini, fortunatamente nessun disperso! A bordo di un bus ci dirigiamo verso Astorga. Attraverso il finestrino vediamo scorrere campi appena mietuti, parate di girasoli, terra riarsa dal sole, rossa e sassosa, pochi centri abitati. Scorgiamo un tratto della via franchigena: il sentiero in terra battuta si srotola per numerosi chilometri su di un terreno quasi desertico; per coloro che lo percorrono sarà un enorme stupore trovarsi in Galizia, tra pascoli e boschi rigogliosi. I primi giorni di marcia attraverseremo il Leòn, terra povera; sarà significativo baciare il ceppo che segnala l'inizio del territorio Gallego.
Eppure non c'era solo la fatica fisica: intensa era la vita in comune e la vita interiore. Fra le sei tappe quella che le riassume tutte è senz'altro la più temuta e la più appassionante: quella dei 39 chilometri. Al solo sentirla nominare, acciaccati com'eravamo, sorgevano in noi numerosi dubbi...
Ciascuno di noi, in un momento o in un altro ha fatto esperienza del proprio limite, ha dovuto mettere a tacere il proprio orgoglio e ricevere una lezione di umiltà. Lo ha testimoniato con forza Ivo, forestale, guida alpina, abituato a camminare e fare grandi fatiche, che a causa di un'infiammazione ha dovuto fare due tappe in taxi. Pian piano ci siamo fatti tutti più mansueti e abbiamo imparato a lasciarci amare, quindi a caricare lo zaino quando c'era la possibilità, a camminare a braccetto o per mano ad un amico, a sfoggiare la ginocchiera inestetica, ma efficace.
Ancora immersi nella notte, lasciamo la suggestiva cittadina di Portomarìn, con la sua chiesa-fortezza romanica ritorniamo sulla via del Cammino, segnalata dalle frecce gialle e dai cippi con incisa la conchiglia. Una conchiglia semplicemente perché i pellegrini medievali giungevano fino a Finisterre e ne raccoglievano una, a testimonianza del cammino compiuto. Là credevano che il mondo finisse e sognavano, come diceva la tradizione, di trovare l'isola dell'eterna giovinezza. Noi fin là non ci siamo spinti, abbiamo preferito limitarci al pellegrinaggio religioso, che ha per capolinea Santiago.
Quella notte ho percepito con chiarezza di far parte di una storia che mi precede, la storia di un popolo in cammino. Non vedevo dove mettevo i piedi, mi limitavo a seguire da vicino quei piedi che mi precedevano. Tante volte non importa capire fino in fondo dove stai andando. Basta essere certi che quello davanti che ha la luce vada nella direzione giusta e riporre in lui la nostra fiducia. Passo dopo passo ti accorgi di andare lontano. Facevo fatica a tenere il passo, eppure il desiderio di non rimanere indietro e la forza del gruppo, mi spingevano in avanti, mi sentivo sostenuta e protetta. Ad un certo punto avevamo tutti il medesimo passo, un solo respiro. Alcune volte mi balenava in testa il pensiero "Basta, mo' mi siedo qui e non mi muovo più!". Invece continuavo.
Lo stesso capita nella vita di tutti i giorni. Ti sembra di non farcela più, vorresti avere in mano tutto il cammino e calibrare le tue forze, sapere in anteprima come andrà a finire... Invece non possiedi nulla, se non il prossimo passo. Allora ti concentri su quello, lo gusti e lo soffri, finché arrivi alla consolazione... È affascinante camminare nelle prime ore del giorno. Gli uccelli cinguettano, l'acqua scivola sulle foglie e la terra esala i suoi odori e i suoi profumi. Attraversiamo pinete, querceti, piantagioni di eucaliptus. Quel che non vedi nella penombra del mattino o nella nebbia, lo intuisci col naso, con la pelle. Il corpo assorbe avido l'ambiente che lo accoglie. È bello sentirsi vivi! Sentire la vita che ti pulsa dentro! Nella fatica ti accorgi di avere un corpo dalle grandi risorse e tuttavia tanto delicato: un'opera d'arte! Singolare poi prendere coscienza che ti occorre stancare il fisico per riposare la mente. I piedi viaggiano sulla strada e portano a spasso la mente, questa esplora il cuore, finalmente lo ascolta e pian piano i due si preparano ad un incontro...
In quaranta chilometri ne passano di pensieri per la testa! Passa il presente, il passato, il futuro, speranze, paure, ricordi, emozioni. Quasi per caso ti avvicini ad un compagno o ad una compagna di cammino e ci si svela a vicenda.
Alcuni pellegrini si sono già accodati davanti all'ostello in attesa di un posto per dormire. Noi abbiamo deciso di proseguire fino a Melide dove Ivo, Bruno e in un secondo momento Sarah, Claudia e Maria ci avrebbero preceduto e si sarebbero preoccupati della nostra sistemazione. Non è certo casuale questo termine perché abbiamo sperimentato un po' di tutto. Cosa ci attendeva? Il letto a tre piani di Astorga; l'ostello rustico e il garage di Rabanal del Camino; il seminterrato di Ponferrada; la tendopoli di Villafranca; il polidesportivo di Sarria e di Arca; la casetta dello scheletro di Portomarin; o... la stalla celtica del Cebreiro? Quest'ultima è stata l'esperienza più tragicomica della nostra avventura. Eravamo giunti in cima al monte piuttosto malconci, chi zoppicante, chi febbricitante, chi spossato. Non desideravamo altro che un letto. Giriamo per il paesucolo, "ma non c'era posto per loro il quell'albergo" e proprio come Maria e Giuseppe ci siamo trovati in una stalla.
Scrivo queste parole di getto, secondo quanto mi ricordo e mi sembra di aver compreso... ma mi rendo conto che è ancora lungo il cammino prima che io possa farle veramente mie! Per ciascuno di noi queste parole hanno aperto tante piste da percorrere e da approfondire, tante domande e tanti desideri sono maturati nel cuore e come diceva Michela: "Non sono arrivata, piuttosto ricomincio...".
Come questo di Michela, ci sono stati altri interventi, sempre più numerosi nella misura in cui il rapporto di amicizia e fiducia cresceva. Ognuno ha potuto testimoniare la propria esperienza di fede ed esprimere le proprie domande, arricchendo il quadro che pian piano si andava costruendo.
Entrando in Santiago cantiamo: "Quale gioia quando mi dissero andremo alla casa del Signore!". Era proprio così! Non andavamo ad abbracciare una statua o a mettere la mano sulla colonna di San Giacomo. No, noi avevamo preparato il nostro cuore ad un incontro spirituale, che per ciascuno è avvenuto in un momento diverso ed in quel momento ne stava esultando. Attraversiamo la città sotto gli occhi curiosi della gente, alcuni turisti addirittura ci filmano. Passiamo sotto un arco e ci accoglie la zampogna di un suonatore di strada, due uomini vestiti da egiziani ci passano di fronte, gente, tanta gente ovunque. Infine s'innalza maestosa davanti ai nostri occhi la facciata della cattedrale di Santiago: i suoi ampi cancelli aperti per accogliere i pellegrini. Non è stato un pellegrinaggio verso un luogo, verso una tomba. È stato un pellegrinaggio verso Qualcuno, verso la Vita. Sta a ciascuno di noi, ora, non lasciare a Santiago quella Vita che abbiamo condiviso lungo il Cammino, ma conservarla nel cuore e trasformarla in quotidianità nel nostro Ticino".