http://www.biciviaggi.it/bambini12.htm
Tutto è nato una domenica di giugno e più precisamente il 29 giugno 2003 durante una gita domenicale in bicicletta con mia moglie Simona e la piccola Rebecca di 8 mesi. L’idea per le vacanze era di visitare una parte della Francia (più precisamente intendevamo muoverci tra la Provenza e l’Aquitania) in auto e tenda, concordi sul fatto che per una bimba come Rebecca il campeggio fosse un compromesso ideale. Abituato però alle nostre ultime vacanze in moto e tenda, in cui alla libertà di essere in campeggio si aggiungeva un pizzico d’avventura, l’idea di una vacanza in auto non mi aveva conquistato del tutto. Ed è stato proprio percorrendo una pista ciclabile ad andatura da sollazzo, chiacchierando con Simona, che per la prima volta ho avuto la percezione che stesse succedendo qualcosa di importante. Il fatto di vedere Rebecca completamente a suo agio sin dalla prima uscita in bicicletta mi aveva fatto pensare che, in qualche modo, si sarebbe potuta organizzare una vacanza a tre in bicicletta (possibile a differenza della moto). Tutto ciò è rimasto nascosto nei miei pensieri fino a quando, guardando distrattamente Simona le ho detto " non sarebbe bello fare le vacanze in bicicletta?" e, dopo qualche istante "e se facessimo il Cammino di Santiago?". Di fronte a quella che sembrava una pazzia, ho visto accendersi una luce negli occhi di Simona e, sebbene le sue parole fossero tutt’altro che incoraggianti, lo sguardo mi diceva sì. Sono state quattro settimane intense quelle che ci hanno separato dalla partenza per St. Jean Pied de Port avvenuta il 2 agosto. In primo luogo, l’impressione era che avessimo fatto il classico passo più lungo della gamba e poi, effettivamente, le cose da considerare erano molte. Però sebbene fino all’ultimo siamo stati in dubbio, dentro di me non ho mai dubitato di farcela e la partenza alla volta di St. Jean è stata il premio più grande.
Per noi abituati a viaggiare in moto e tenda non è stato difficile ridurre ulteriormente i bagagli anche se, in questo caso, il peso assumeva un ruolo determinante. Però c’era l’incognita Rebecca con il suo bagaglio di farmaci, per ogni evenienza, e di pappe (abbiamo considerato di trovare strada facendo solo omogeneizzati, acqua, pane e frutta e di essere autonomi per tutto il resto). In più c’era da considerare il discorso logistico, perché se non era difficile trasportare le biciclette (in auto) fino al luogo di partenza, bisognava assicurare a Rebecca un mezzo di trasporto idoneo per il proseguo. Da qui la ricerca via internet e la scoperta del sito FIAB onlus in cui veniva appunto raccontato il pellegrinaggio a Santiago de Compostela di Andrea Deganutti, Raffaella Traniello e Valentino (6 mesi) e la scoperta del Trailer. Colgo l’occasione per ringraziare Andrea per essersi dimostrato molto disponibile, per avermi fornito ogni indicazione in grado fugare tutti i dubbi che ci erano venuti. Internet è poi stato dispensatore di cartine, mappe, resoconti di viaggio, altimetrie e di un po’ di storia per capire bene quello che stavamo per fare. La cosa più difficile è stata comunque reperire il Trailer o carrellino. In Italia solo pochi rivenditori hanno idea di cosa siano, gli importatori in genere non ne hanno a magazzino ed i pochi trovati erano molto cari. Ci siamo rivolti all’estero, ma per il mercato U.S.A. (in cui sembra che i trailer spuntino dal terreno come i funghi) era ormai troppo tardi (eravamo a 10 giorni dalla partenza), inoltre il mercato statunitense praticamente non considera le consegne in Europa. Anche in Europa non è stato facile poiché bisognava far quadrare un budget non eccessivo con dei tempi di consegna compatibili con la nostra partenza. Alla fine (e si parla di sabato 26 luglio) dopo aver mobilitato amici e parenti senza successo, è stato ancora internet ad aiutarci con il circuito europeo "2+2" ("deux plus deux" in Francia "Two plus Two" in U.K. etc...) tramite il quale (dopo contatto telefonico con il rivenditore) sono riuscito a farmi recapitare il trailer in Francia proprio lungo il tragitto che avevamo pensato verso St. Jean. Un ultimo appunto va alla preparazione fisica: un mese è poco e benché io fossi allenato da una stagione agonistica di pallavolo ero comunque, vista la recente paternità (con tutto quello che comporta), un po’ all’asciutto di gite in bicicletta. Ho optato per la soluzione drastica, 50-55 Km giornalieri per raggiungere il posto di lavoro e cyclette la sera (ogni tanto). Questo perché non mi sentivo preparato ad affrontare un viaggio, con anche salite di una certa importanza, con una zavorra che ad occhio e croce, figlia e borse comprese, poteva essere di circa 30-35 Kg. Simona è stata un po’ meno costante e, soprattutto sulle prime salite, ha pagato un po’, però poi si è comportata molto bene.
Giunti a St. Jean Pied de Port il 6 agosto pomeriggio e resici conto era impensabile partire il 7 mattina, ci siamo concessi una giornata in cui ultimare tutti i dettagli prima della partenza ed in cui, non ultimo, provare per la prima volta il carrellino con Rebecca a bordo. Non era solo Rebecca a dover sperimentare, ma anche il suo papà visto che incombeva la tappa di Ibañeta con i suoi 900 m di dislivello. Naturalmente (altrimenti non saremmo qui a raccontare) è andato tutto bene ed è così che l’8 Agosto mattina siamo partiti immersi nella nebbia (a St. Jean è normale, a quell’ora) con tantissimo entusiasmo, con nel cuore la benedizione del Pellegrino (ricevuta la sera prima a Roncisvalle durante la messa dei vespri che consigliamo a chiunque, credenti e non, perché merita) e con la consapevolezza che saremmo tornati indietro in qualsiasi momento, se si fosse reso necessario.
Data | Partenza | Arrivo |
---|---|---|
8 agosto | St. Jean Pied de Port | Zubiri |
9 agosto | Zubiri | Puente la Reina |
10 agosto | Puente la Reina | Los Arcos |
11 agosto | Los Arcos | Najera |
12 agosto | Najera | Villafranca de Montes de Oca |
13 agosto | Villafranca de Montes de Oca | Hontanas |
14 agosto | Hontanas | Carrion de los condes |
15 agosto | Carrion de los condes | Reliegos |
16 agosto | Reliegos | Astorga |
17 agosto | Astorga | Ponferrada |
18 agosto | Ponferrada | O Cebreiro |
19 agosto | O’ Cebreiro | Portomarin |
20 agosto | Portomarin | Arzua |
21 agosto | Arzua | Santiago de Compostela |
Ogni mattina ci si alzava verso le 5,45-6,00 si faceva una veloce colazione e si preparavano le bici con i bagagli. Una volta pronti davamo la sveglia a Rebecca che così poteva gustarsi la sua colazione seduta nel carrellino. In questo modo Rebecca dormiva fino a circa le 9-10. A quel punto, ogni ora massimo, si faceva una piccola sosta per permetterle di sgranchirsi e di fare un spuntino che le consentisse di arrivare al pranzo, fissato tra le12,30 e le 14 a seconda delle circostanze. A parte i primi due giorni poche altre volte abbiamo pedalato oltre le 14. Verso Hontanas e verso Astorga poiché il cielo era coperto, verso O’ Cebreiro poiché era inevitabile e verso Portomarin per cercare assistenza sanitaria per Rebecca.
Abbiamo pedalato per la maggior parte su asfalto e, quando possibile, su strade bianche, queste ultime non particolarmente gradite a Rebecca, le tappe più dure dal punto di vista fisico sono state quelle di montagna e tra queste sicuramente O’Cebreiro con il tratto finale in cui si supera un dislivello di circa 700 m in circa 8 Km (con tratti al 12% e un piccolo pianetto), la Cruz de Hierro (che arriva a 1500 m) e Ibañeta (tra St. Jean e Roncisvalle). Nonostante ciò la parte che ci è piaciuta di meno dal punto di vista ciclistico è stata la Galizia con i suoi continui e ampi saliscendi, immersi nella nebbia fino alle 9-9,30 (il che comportava il ghiacciare durante le discese e sbuffare come vaporiere in salita) e poi arsi dal sole con un’umidità superiore a quella di Milano in luglio. Al contrario la Meseta, l’altopiano che si estende tra Burgos e Léon nel quale temevamo di essere letteralmente bruciati dal sole, si è dimostrata tutto sommato amichevole. Il camino è molto ben segnalato dalla caratteristica "concha amarilla" sia per quanto riguarda il sentiero sia per quanto riguarda la strada asfaltata. I due cammini si intersecano con una certa frequenza, spesso si sovrappongono o si costeggiano, pertanto è abbastanza semplice passare dall’uno all’altro.
Il secondo giorno fuori Pamplona abbiamo seguito un’indicazione errata e ci siamo ritrovati a scalare l’"alto" sbagliato. Dopo circa 5 Km di ascesa e dopo aver chiesto svariate volte ci siamo resi conto dell’errore, ma data l’ora tarda siamo stati costretti ad optare (consigliati da un abitante del luogo a cui aveva specificato che con il carrellino non potevamo passare ovunque!) per una scorciatoia tra i campi seguendo delle strade bianche che dovevano ricondurci sulla statale. Accompagnati da Rebecca che urlava a causa delle sconnessioni ci siamo ritrovati a percorrere in salita una sorta di letto di torrente (e Rebecca non voleva stare nel carrellino neanche se procedevamo a spinta) che diventava sempre più stretto fino ad essere impraticabile per i nostri mezzi. Il tutto avendo come punto di riferimento più vicino un paesino a 2-3 Km in linea d’aria. Avvistati dell’impraticabilità da una ragazzo in mountain bike siamo riusciti a rientrare imboccando la prima strada bianca trovata che fortunatamente conduceva proprio sulla N 120.
Il giorno in cui siamo arrivati a Burgos ad 11 Km da centro Rebecca a cominciato a piangere e sembrava inconsolabile. Non siamo riusciti a capire se ciò fosse dovuto alla cospicua presenza di mezzi pesanti lungo la strada che stavamo fiancheggiando ( e quindi rumori, scarichi....), o alla cappa di smog che avvolgeva la città, o a cos’altro. Comunque siamo stati costretti a fermarci ogni 500-1000 m per consolare Rebecca, farla sgranchire e coccolarla un po’. La cosa che più ci ha terrorizzato è stato il non capire il motivo. Abbiamo percorso questi 11 Km in due ore e mezza, percorrendo l’ultimo tratto a spinta. Rebecca dopo aver avuto un paio d’ore per riprendersi ed aver visitato la cattedrale di Burgos è salita sul carrellino come se nulla fosse ( e meno male).
Per ultimo, forse a causa dell’escursione termica patita tra la salita del Cebreiro (oltre i 30°C) e la discesa del giorno successivo verso Triacastela (13°C) Rebecca ha avuto un po' di febbre. Seguendo le indicazioni che ci aveva dato la pediatra prima di partire non siamo rimasti fermi, ma ci siamo assicurati che Rebecca non prendesse freddo, aria o troppo caldo. Il secondo giorno quando la febbre ha superato i 39°C abbiamo cercato assistenza sanitaria a Portomarin. Dal terzo giorno ha ripreso a mangiare con regolarità ed a rientrare nella normalità.
In questa sezione vorrei aprire una piccola parentesi, quella dedicata a parenti ed amici.
Nel momento in cui abbiamo fatto partecipi della nostra decisione coloro che ci stanno vicino, si è generato un tourbillon di commenti positivi e negativi. Siamo passati dallo status di veri e propri idoli per chi appoggiava l’idea a quello di genitori degeneri, di egoisti, di pazzi irresponsabili per chi non l’appoggiava. Premettendo che è stata una scelta sicuramente ponderata a fondo, ma dettata un pizzico di irresponsabilità, vorrei rispondere a tutti coloro che hanno pensato che la scelta fosse stata fatta solo pensando alle nostre esigenze e che non era la vacanza ideale per una bimba di 8 mesi, che Rebecca è stata un tesoro durante tutto il viaggio. Questo vuol dire sicuramente che si è trovata a proprio agio, che, per quel poco che possiamo aver capito da una bimba piccola, si è divertita, che tutti si sono fatti in quattro quando avevamo bisogno d’aiuto e che, sebbene non avrà ricordo di questa vacanza, per le i è stata una esperienza positiva. Forse la scelta ha richiesto coraggio e la consapevolezza che da un giorno all’altro si poteva tornare indietro perché Rebecca era comunque la cosa più importante, però vorrei ribadire, con questa testimonianza, che non si è trattato di una pazzia. Ci siamo resi conto, alla luce di quanto vissuto, che molti dei problemi che ci eravamo posti prima della partenza si sono dissolti sulle prime rampe del col di Ibañeta e che comunque, per qualsiasi difficoltà, non siamo mai rimasti soli.
L’arrivo vero e proprio è stato un po’ diverso da come ce lo immaginavamo; innanzi tutto dal Monte do Gozo non si vede la cattedrale, coperta da alberi e qualche costruzione. Inoltre gli ultimi Km in processione ci hanno condotto prima attraverso una serie di interruzioni per lavori nel centro storico e poi attraverso il mercato medievale, bellissimo, ma disagevole per il carrellino. Come ultimo siamo arrivati alla cattedrale dal retro attraverso una scalinata che ovviamente abbiamo percorso a tappe per portare il carrellino e non lasciare incustodite le bici.
Una volta giunti di fronte alla porta centrale della cattedrale tutto è svanito, è riaffiorata la stanchezza (psicologica) di tutto il viaggio e una grandissima emozione ci ha colto.
Fabio Pecora, Simona Lodetti e Rebecca.