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Il "Camino de Santiago"
01. Prólogo
02. La partenza
03. Il cammino quotidiano
04. Gli Albergue
05. La gente
06. Le tappe
07. I momenti difficili
08. L'arrivo a Santiago

Prólogo

Erano un paio d’anni, forse tre, che avevo in mente il Cammino di Santiago, sinceramente non so perché, né mi ricordo di qualcuno che me ne abbia parlato. Da un certo punto di vista mi piace pensare, alla luce di quanto vissuto, che sia stato il Cammino a cercare noi e non il contrario. Forse, a pensarci bene, è stato proprio così.

Tutto è nato una domenica di giugno e più precisamente il 29 giugno 2003 durante una gita domenicale in bicicletta con mia moglie Simona e la piccola Rebecca di 8 mesi. L’idea per le vacanze era di visitare una parte della Francia (più precisamente intendevamo muoverci tra la Provenza e l’Aquitania) in auto e tenda, concordi sul fatto che per una bimba come Rebecca il campeggio fosse un compromesso ideale. Abituato però alle nostre ultime vacanze in moto e tenda, in cui alla libertà di essere in campeggio si aggiungeva un pizzico d’avventura, l’idea di una vacanza in auto non mi aveva conquistato del tutto. Ed è stato proprio percorrendo una pista ciclabile ad andatura da sollazzo, chiacchierando con Simona, che per la prima volta ho avuto la percezione che stesse succedendo qualcosa di importante. Il fatto di vedere Rebecca completamente a suo agio sin dalla prima uscita in bicicletta mi aveva fatto pensare che, in qualche modo, si sarebbe potuta organizzare una vacanza a tre in bicicletta (possibile a differenza della moto). Tutto ciò è rimasto nascosto nei miei pensieri fino a quando, guardando distrattamente Simona le ho detto " non sarebbe bello fare le vacanze in bicicletta?" e, dopo qualche istante "e se facessimo il Cammino di Santiago?". Di fronte a quella che sembrava una pazzia, ho visto accendersi una luce negli occhi di Simona e, sebbene le sue parole fossero tutt’altro che incoraggianti, lo sguardo mi diceva sì. Sono state quattro settimane intense quelle che ci hanno separato dalla partenza per St. Jean Pied de Port avvenuta il 2 agosto. In primo luogo, l’impressione era che avessimo fatto il classico passo più lungo della gamba e poi, effettivamente, le cose da considerare erano molte. Però sebbene fino all’ultimo siamo stati in dubbio, dentro di me non ho mai dubitato di farcela e la partenza alla volta di St. Jean è stata il premio più grande.

Per noi abituati a viaggiare in moto e tenda non è stato difficile ridurre ulteriormente i bagagli anche se, in questo caso, il peso assumeva un ruolo determinante. Però c’era l’incognita Rebecca con il suo bagaglio di farmaci, per ogni evenienza, e di pappe (abbiamo considerato di trovare strada facendo solo omogeneizzati, acqua, pane e frutta e di essere autonomi per tutto il resto). In più c’era da considerare il discorso logistico, perché se non era difficile trasportare le biciclette (in auto) fino al luogo di partenza, bisognava assicurare a Rebecca un mezzo di trasporto idoneo per il proseguo. Da qui la ricerca via internet e la scoperta del sito FIAB onlus in cui veniva appunto raccontato il pellegrinaggio a Santiago de Compostela di Andrea Deganutti, Raffaella Traniello e Valentino (6 mesi) e la scoperta del Trailer. Colgo l’occasione per ringraziare Andrea per essersi dimostrato molto disponibile, per avermi fornito ogni indicazione in grado fugare tutti i dubbi che ci erano venuti. Internet è poi stato dispensatore di cartine, mappe, resoconti di viaggio, altimetrie e di un po’ di storia per capire bene quello che stavamo per fare. La cosa più difficile è stata comunque reperire il Trailer o carrellino. In Italia solo pochi rivenditori hanno idea di cosa siano, gli importatori in genere non ne hanno a magazzino ed i pochi trovati erano molto cari. Ci siamo rivolti all’estero, ma per il mercato U.S.A. (in cui sembra che i trailer spuntino dal terreno come i funghi) era ormai troppo tardi (eravamo a 10 giorni dalla partenza), inoltre il mercato statunitense praticamente non considera le consegne in Europa. Anche in Europa non è stato facile poiché bisognava far quadrare un budget non eccessivo con dei tempi di consegna compatibili con la nostra partenza. Alla fine (e si parla di sabato 26 luglio) dopo aver mobilitato amici e parenti senza successo, è stato ancora internet ad aiutarci con il circuito europeo "2+2" ("deux plus deux" in Francia "Two plus Two" in U.K. etc...) tramite il quale (dopo contatto telefonico con il rivenditore) sono riuscito a farmi recapitare il trailer in Francia proprio lungo il tragitto che avevamo pensato verso St. Jean. Un ultimo appunto va alla preparazione fisica: un mese è poco e benché io fossi allenato da una stagione agonistica di pallavolo ero comunque, vista la recente paternità (con tutto quello che comporta), un po’ all’asciutto di gite in bicicletta. Ho optato per la soluzione drastica, 50-55 Km giornalieri per raggiungere il posto di lavoro e cyclette la sera (ogni tanto). Questo perché non mi sentivo preparato ad affrontare un viaggio, con anche salite di una certa importanza, con una zavorra che ad occhio e croce, figlia e borse comprese, poteva essere di circa 30-35 Kg. Simona è stata un po’ meno costante e, soprattutto sulle prime salite, ha pagato un po’, però poi si è comportata molto bene.

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La partenza

Tralasciando il fatto che il 2 agosto (per una serie di ragioni) siamo giunti a Digne Les Bains quando ormai il negozio di biciclette era chiuso ed abbiamo potuto ritirare il trailer solo il 5 mattina, l’avvicinamento a St. Jean Pied de Port, ci ha permesso di valutare il comportamento di Rebecca in quello che era un habitat del tutto nuovo per lei. Rebecca ha risposto benissimo sia alla mancanza di un tetto sulla testa, sia al continuo spostarsi da un luogo all’altro (con tutto quello che comporta, dalla pappa dove capita, all’essere cambiata in auto o su un prato, al dover dormire sempre in auto di giorno...). Tutto ciò ci ha permesso di prendere un po’ le misure (il pezzo di pane ci ha salvato più di una volta quando non trovavamo aree di sosta) raccogliendo informazioni che si sono rivelate vitali lungo il cammino. Una gita in bicicletta alle Gorges du Verdun a pieno carico e con Rebecca nello zaino per i bimbi, ci ha permesso anche di renderci conto di quali sarebbero state le difficoltà del viaggio.

Giunti a St. Jean Pied de Port il 6 agosto pomeriggio e resici conto era impensabile partire il 7 mattina, ci siamo concessi una giornata in cui ultimare tutti i dettagli prima della partenza ed in cui, non ultimo, provare per la prima volta il carrellino con Rebecca a bordo. Non era solo Rebecca a dover sperimentare, ma anche il suo papà visto che incombeva la tappa di Ibañeta con i suoi 900 m di dislivello. Naturalmente (altrimenti non saremmo qui a raccontare) è andato tutto bene ed è così che l’8 Agosto mattina siamo partiti immersi nella nebbia (a St. Jean è normale, a quell’ora) con tantissimo entusiasmo, con nel cuore la benedizione del Pellegrino (ricevuta la sera prima a Roncisvalle durante la messa dei vespri che consigliamo a chiunque, credenti e non, perché merita) e con la consapevolezza che saremmo tornati indietro in qualsiasi momento, se si fosse reso necessario.

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Il cammino quotidiano

Innanzi tutto bisogna dire che abbiamo avuto una buona dose di fortuna, tutto è andato come previsto se non meglio. Inizialmente avevamo pensato di pedalare dalle 6 alle 8 ore al giorno, facendo una sosta nelle ore più calde, non per noi, ma per Rebecca, che oltre ad essere la più vulnerabile era anche quella che viaggiava a 15 cm dal terreno e quindi più soggetta al calore dovuto all’asfalto rovente. Si è rivelato un grande errore. In primo luogo perché essendo l’estate più calda degli ultimi decenni ci siamo trovati a doverci fermare per almeno 5-6 ore (della 12-12,30 alle 17-18) ad attendere che la temperatura dell’asfalto raggiungesse livelli umani. Questo ha comportato il raggiungimento dei rifugi a tarda ora, con conseguenti problemi di sovraffollamento, di vestiti che non fanno in tempo ad asciugarsi per il giorno dopo e di dover fare sempre tutto di corsa (cambiare Rebecca, lavarsi, lavare i panni, far cenare Rebecca, cenare noi ecc...) con tempistiche non compatibili con gli orari del pellegrino. In secondo luogo Rebecca, nonostante la pausa rigenerante in cui potersi svagare, poter dormire e mangiare, non si è mai dimostrata contenta di affrontare la pedalata pomeridiana e questo si ripercuoteva sul suo umore e sul suo appetito. Dal terzo giorno abbiamo deciso di pedalare solo la mattina dandoci come orario massimo di fermata le 14-14,30 (poi andando verso ovest l’orario si è spostato più verso le quindici) mantenendo pur sempre la partenza verso le 6,30-7,00. A parte il terzo giorno caratterizzato da un gran caldo e dalla poca voglia di pedalare (forse perché dovevamo smaltire le ascese dei giorni precedenti) per i giorni successivi in nuovi orari ci hanno consentito di mantenere una media giornaliera di circa 70 Km raggiungendo gli albergue per tempo in modo da consentire a Rebecca un bel pomeriggio di svago ed a noi di rifocillarci con calma e di preparare con estrema tranquillità tutto il necessario per il giorno successivo. Ma il più grande premio è stato vedere una Rebecca radiosa per tutto il resto del Camino.
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Gli Albergue

Le strutture che si trovano lungo il Camino de Santiago sono delle strutture no profit (il costo per una notte va da zero a 2-3 euro a persona) adibite appositamente per accogliere i pellegrini a piedi ed in bicicletta, sono molto accoglienti e, in linea generale, vi si trova tutto quello di cui si ha bisogno (un materasso, servizi igienici, le docce, spesso una cucina con dei tavoli, un luogo per stendere) e tanta gente cordiale (a partire dagli Hospitaleros) con cui condividere questa esperienza unica. La presenza di Rebecca ci ha fatto sentire delle persone ancora più speciali; Rebecca è molto socievole e sempre sorridente, non è stato difficile per lei fare conquiste in ogni luogo e passare tutto il tempo in braccio a qualcuno. In alcune occasioni grazie a lei abbiamo beneficiato di sistemazioni speciali come a Reliegos dove ci hanno messo in una stanza separata o a Najera dove ci hanno trovato posto anche se non ce n’era più. Mediamente gli albergue sono puliti (considerando il fatto che ci passano dalle 50 alle 100 e più persone al giorno) e questo va anche a merito del pellegrino che è una presenza discreta ed educata.
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La gente

Sembra una frase banale, ma valeva la pena di compiere il cammino solo per conoscere le persone che abbiamo frequentato. La nostra impressione è stata che chi intraprende un’esperienza del genere e lo fa dall’inizio è perché ci crede veramente (non strettamente in senso religioso, ma in senso più ampio), questo ci ha permesso di trovare tanti lati comuni nelle persone da noi conosciute, ma anche tantissime diversità da rendere davvero speciale ogni persona incontrata. Abbiamo trovato tanto calore, tanta complicità e disponibilità e tanta allegria a partire dalla prima tappa fino all’ultima anche se, a dirla tutto negli ultimi 100 Km le cose cambiano un po’. C’è molta più gente (gli ultimi 100 Km a piedi sono quelli che "valgono" per ottenere la Compostela), c’è una separazione netta tra chi ha vissuto dall’inizio e chi è lì solo per una scampagnata di tre giorni e lo si vede nel comportamento, nel modo di vestire e nel modo di relazionarsi con gli altri. L’impressione è che si perda un po’ lo spirito e tutto divenga una gara e, per chi è partito da molto lontano, è un po’ una doccia fredda che spegne l’entusiasmo accumulato in splendidi giorni di cammino. Potremmo scrivere molte pagine sugli incontri avuti lungo il camino, nonostante ciò finiremmo comunque per tralasciare qualcuno; però un ringraziamento particolare lo dobbiamo fare: è per i ragazzi della "carovana di Exodus" incontrati per la prima volta a Villafranca Montes de Oca e poi in seguito a Hontanas e Ponferrada. Abbiamo avuto la fortuna di condividere tre serate indimenticabili, sentendoci parte della famiglia ed avendo a disposizione 13 zii infaticabili per Rebecca. Peccato che quando ormai le nostre strade sembravano puntare dirette a Santiago ci siamo persi di vista.
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Le tappe

Queste sono le tappe che abbiamo percorso:
DataPartenzaArrivo
8 agostoSt. Jean Pied de PortZubiri
9 agostoZubiriPuente la Reina
10 agostoPuente la ReinaLos Arcos
11 agostoLos ArcosNajera
12 agostoNajeraVillafranca de Montes de Oca
13 agostoVillafranca de Montes de OcaHontanas
14 agostoHontanasCarrion de los condes
15 agostoCarrion de los condesReliegos
16 agostoReliegosAstorga
17 agostoAstorgaPonferrada
18 agostoPonferradaO Cebreiro
19 agostoO’ CebreiroPortomarin
20 agostoPortomarinArzua
21 agostoArzuaSantiago de Compostela

Ogni mattina ci si alzava verso le 5,45-6,00 si faceva una veloce colazione e si preparavano le bici con i bagagli. Una volta pronti davamo la sveglia a Rebecca che così poteva gustarsi la sua colazione seduta nel carrellino. In questo modo Rebecca dormiva fino a circa le 9-10. A quel punto, ogni ora massimo, si faceva una piccola sosta per permetterle di sgranchirsi e di fare un spuntino che le consentisse di arrivare al pranzo, fissato tra le12,30 e le 14 a seconda delle circostanze. A parte i primi due giorni poche altre volte abbiamo pedalato oltre le 14. Verso Hontanas e verso Astorga poiché il cielo era coperto, verso O’ Cebreiro poiché era inevitabile e verso Portomarin per cercare assistenza sanitaria per Rebecca.

Abbiamo pedalato per la maggior parte su asfalto e, quando possibile, su strade bianche, queste ultime non particolarmente gradite a Rebecca, le tappe più dure dal punto di vista fisico sono state quelle di montagna e tra queste sicuramente O’Cebreiro con il tratto finale in cui si supera un dislivello di circa 700 m in circa 8 Km (con tratti al 12% e un piccolo pianetto), la Cruz de Hierro (che arriva a 1500 m) e Ibañeta (tra St. Jean e Roncisvalle). Nonostante ciò la parte che ci è piaciuta di meno dal punto di vista ciclistico è stata la Galizia con i suoi continui e ampi saliscendi, immersi nella nebbia fino alle 9-9,30 (il che comportava il ghiacciare durante le discese e sbuffare come vaporiere in salita) e poi arsi dal sole con un’umidità superiore a quella di Milano in luglio. Al contrario la Meseta, l’altopiano che si estende tra Burgos e Léon nel quale temevamo di essere letteralmente bruciati dal sole, si è dimostrata tutto sommato amichevole. Il camino è molto ben segnalato dalla caratteristica "concha amarilla" sia per quanto riguarda il sentiero sia per quanto riguarda la strada asfaltata. I due cammini si intersecano con una certa frequenza, spesso si sovrappongono o si costeggiano, pertanto è abbastanza semplice passare dall’uno all’altro.

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I momenti difficili

Come già anticipato i momenti difficili sono stati molto pochi. A prescindere dall’aspetto sportivo (e quindi stanchezza, tratti duri etc. etc.) ci sono stati dei momenti in cui ci siamo domandati se effettivamente quello che stavamo facendo non fosse un po’ eccessivo per Rebecca.

Il secondo giorno fuori Pamplona abbiamo seguito un’indicazione errata e ci siamo ritrovati a scalare l’"alto" sbagliato. Dopo circa 5 Km di ascesa e dopo aver chiesto svariate volte ci siamo resi conto dell’errore, ma data l’ora tarda siamo stati costretti ad optare (consigliati da un abitante del luogo a cui aveva specificato che con il carrellino non potevamo passare ovunque!) per una scorciatoia tra i campi seguendo delle strade bianche che dovevano ricondurci sulla statale. Accompagnati da Rebecca che urlava a causa delle sconnessioni ci siamo ritrovati a percorrere in salita una sorta di letto di torrente (e Rebecca non voleva stare nel carrellino neanche se procedevamo a spinta) che diventava sempre più stretto fino ad essere impraticabile per i nostri mezzi. Il tutto avendo come punto di riferimento più vicino un paesino a 2-3 Km in linea d’aria. Avvistati dell’impraticabilità da una ragazzo in mountain bike siamo riusciti a rientrare imboccando la prima strada bianca trovata che fortunatamente conduceva proprio sulla N 120.

Il giorno in cui siamo arrivati a Burgos ad 11 Km da centro Rebecca a cominciato a piangere e sembrava inconsolabile. Non siamo riusciti a capire se ciò fosse dovuto alla cospicua presenza di mezzi pesanti lungo la strada che stavamo fiancheggiando ( e quindi rumori, scarichi....), o alla cappa di smog che avvolgeva la città, o a cos’altro. Comunque siamo stati costretti a fermarci ogni 500-1000 m per consolare Rebecca, farla sgranchire e coccolarla un po’. La cosa che più ci ha terrorizzato è stato il non capire il motivo. Abbiamo percorso questi 11 Km in due ore e mezza, percorrendo l’ultimo tratto a spinta. Rebecca dopo aver avuto un paio d’ore per riprendersi ed aver visitato la cattedrale di Burgos è salita sul carrellino come se nulla fosse ( e meno male).

Per ultimo, forse a causa dell’escursione termica patita tra la salita del Cebreiro (oltre i 30°C) e la discesa del giorno successivo verso Triacastela (13°C) Rebecca ha avuto un po' di febbre. Seguendo le indicazioni che ci aveva dato la pediatra prima di partire non siamo rimasti fermi, ma ci siamo assicurati che Rebecca non prendesse freddo, aria o troppo caldo. Il secondo giorno quando la febbre ha superato i 39°C abbiamo cercato assistenza sanitaria a Portomarin. Dal terzo giorno ha ripreso a mangiare con regolarità ed a rientrare nella normalità.

In questa sezione vorrei aprire una piccola parentesi, quella dedicata a parenti ed amici.

Nel momento in cui abbiamo fatto partecipi della nostra decisione coloro che ci stanno vicino, si è generato un tourbillon di commenti positivi e negativi. Siamo passati dallo status di veri e propri idoli per chi appoggiava l’idea a quello di genitori degeneri, di egoisti, di pazzi irresponsabili per chi non l’appoggiava. Premettendo che è stata una scelta sicuramente ponderata a fondo, ma dettata un pizzico di irresponsabilità, vorrei rispondere a tutti coloro che hanno pensato che la scelta fosse stata fatta solo pensando alle nostre esigenze e che non era la vacanza ideale per una bimba di 8 mesi, che Rebecca è stata un tesoro durante tutto il viaggio. Questo vuol dire sicuramente che si è trovata a proprio agio, che, per quel poco che possiamo aver capito da una bimba piccola, si è divertita, che tutti si sono fatti in quattro quando avevamo bisogno d’aiuto e che, sebbene non avrà ricordo di questa vacanza, per le i è stata una esperienza positiva. Forse la scelta ha richiesto coraggio e la consapevolezza che da un giorno all’altro si poteva tornare indietro perché Rebecca era comunque la cosa più importante, però vorrei ribadire, con questa testimonianza, che non si è trattato di una pazzia. Ci siamo resi conto, alla luce di quanto vissuto, che molti dei problemi che ci eravamo posti prima della partenza si sono dissolti sulle prime rampe del col di Ibañeta e che comunque, per qualsiasi difficoltà, non siamo mai rimasti soli.

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L'arrivo a Santiago

Durante il camino non abbiamo mai pianificato più di un paio di tappe consecutive perché ogni giorno faceva storia a sé, però negli ultimi 4-5 giorni ci siamo resi conto che era possibile arrivare a Santiago il 21 agosto, vale a dire il giorno in cui Rebecca compiva 10 mesi. Arrivare ad Arzua a meno di 40 Km da Santiago la sera del 20 Agosto (e dormire in una stanza privata perché gli albergue erano strapieni) è stato come essere già nella plaza de Obradorio. La consapevolezza di avercela fatta e di gustarsi gli ultimi 30 Km in assoluta scioltezza pensando solo all’emozione di vedere per la prima volta le torri della Cattedrale. Inoltre Rebecca dava i primi segni di ripresa dalla febbre il che fortificava le nostre speranze.

L’arrivo vero e proprio è stato un po’ diverso da come ce lo immaginavamo; innanzi tutto dal Monte do Gozo non si vede la cattedrale, coperta da alberi e qualche costruzione. Inoltre gli ultimi Km in processione ci hanno condotto prima attraverso una serie di interruzioni per lavori nel centro storico e poi attraverso il mercato medievale, bellissimo, ma disagevole per il carrellino. Come ultimo siamo arrivati alla cattedrale dal retro attraverso una scalinata che ovviamente abbiamo percorso a tappe per portare il carrellino e non lasciare incustodite le bici.

Una volta giunti di fronte alla porta centrale della cattedrale tutto è svanito, è riaffiorata la stanchezza (psicologica) di tutto il viaggio e una grandissima emozione ci ha colto.

Fabio Pecora, Simona Lodetti e Rebecca.